C’è chi l’isolamento lo ha cercato per ritrovare se stesso, chi lo ha combattuto per ritornare a vivere e chi, invece, lo ha subito ma non si è mai arreso. Federico, Sabrina, Simone: tre atleti dello studio Metodo Punzo, tre storie in tre puntate che ci auguriamo possano arrivare dritte al cuore.
La malattia è un’opportunità per conoscersi. “Non ho patito l’isolamento, ma ho imparato a stare solo, a conoscermi e ad affrontare quei lati del mio carattere che ho sempre ignorato”. Simone Trussardi, 29 anni, bergamasco di Spinone al Lago, è un triatleta, portacolori della Valcavallina Superbike.
A giugno del 2019, dopo una serie di accertamenti gli comunicano il seguente esito: “Linfoma (non Hodgkin) a grandi cellule B primitivo del mediastino, con adenopatie in sede sovra-retroclaveare sinistra, para e pre-tracheale, all’emergenza dei vasi epiaortici, retosternale, para-aortico, mammaria interna destra, sovra-diaframmatica destra, segnale in VII costola e testa omerale sinistra”. Che, tradotto, significa linfoma con metastasi un po’ dappertutto.
“Tutto era cominciato a fine marzo con un dolore a livello costale che avevo ricollegato a uno scontro avuto con un giudice di gara e difatti la radiografia aveva rivelato una frattura della VII costola destra ”, spiega Simone. Dopo un mese di notti insonni per il male, tre visite al Pronto soccorso all’ospedale di Seriate e una serie di indagini più approfondite, il sospetto di un tumore si trasformò in una certezza. A quel punto Simone contattò il dottor Andrea D’Alessio, primario dell’Oncologia del Policlinico San Marco di Zingonia e presidente della sua società, la Valcavallina Superbike, che gli confermò la gravità della situazione: “Sono arrivati gli esiti, è un linfoma (non Hodgkin) devo farti la chemioterapia. Perderai i tuoi capelli ma hai il 72% di possibilità di guarigione”.
“In due mesi sono passato dal toccare con mano gli Europei di Duathlon a Targu Mures, in Transilvania (Romania), a una situazione irreale. Sembrava che qualcuno avesse premuto il tasto ‘Pausa’ della mia vita. Il mondo mi stava crollando addosso, ma era la realtà e potevo solo accoglierla. E questo l’ho imparato dallo sport: accettare e poi reagire”.
Per Simone, il 2019 doveva essere l’anno della svolta per dedicarsi al semi-professionismo. “Un sogno che avevo da tempo. Stefano Punzo, il mio osteopata e massofisioerapista, mi ha sempre detto che ho un fisico forte e una testa adatta per lo sport di alto livello”. A febbraio di quell’anno, dopo due settimane di allenamento a Tenerife, Simone, programmatore CNC alla Somaschini Spa decide di chiedere il part time. “Una scelta che mi penalizzava dal punto di vista economico, ma il mio obiettivo erano gli Europei in Transilvania, la mia prima maglia azzurra in un campionato di categoria. Avevo messo come sfondo del mio cellulare una foto del body della Nazionale, per ricordarmi ogni giorno il sogno che stavo rincorrendo”.
La chemioterapia proposta a Simone è stata una delle più pesanti. Sei cicli, tre sedute alla settima: lunedì dalle 7 alle 18, mercoledì e venerdì fino alle 13, attaccato a sacche azzurre piene di di chemioterapici, cortisone, antivomito.
“La prima notte del primo ciclo ho vomitato per tre ore di seguito. Non volevo neppure ingoiare la saliva per paura di rigettarla – ricorda Simone – . È stata l’unica volta in cui ho desiderato morire. Ero sempre stanco, ma cercavo di allenarmi anche se con un minimo sforzo i battiti cardiaci salivano a 170bpm. Tutti i giorni facevo qualcosa, supportato da amici che non mi hanno mai compatito. Anzi, il loro ottimismo è stato un pieno di benzina a 110 ottani: Nicolò Zambetti, Greta Algarotti, il mio allenatore, Pasquale Chiantera. E poi Alessandro Lotta, mezzofondista e atleta della Nazionale di corsa in montagna, che mi ha aiutato a sognare. Quando mi parlava dei suoi obiettivi, immaginavo fossero anche i miei”.
“La perdita dei capelli mi ha provato psicologicamente più della sofferenza fisica, perché ogni volta che mi guardavo allo specchio ripiombavo nella realtà. La frase “Tanto sono solo capelli”, la odiavo, perché ti posso assicurare che non si tratta solo di capelli, ma di vivere senza poter programmare il futuro”.
L’ultima chemioterapia Simone l’ha fatta il 9 ottobre 2019, giorno in cui gli è stato tolto il PICC, il catetere intravenoso fisso per la somministrazione dei farmaci, ma la risposta definitiva sulla remissione della malattia l’avrà solo tra un mese.
“L’isolamento finirà, ma la paura della malattia dura sempre. Due mesi da passare in casa per la pandemia da Covid-19 sono pesanti, ma chi si lamenta avrà il tempo per riprendersi la loro vita e cambiarla appena tutto sarà passato. Io sono ancora in pausa ma sono sicuro che presto potrò premere il tasto ‘Play’. Come ha scritto Mauro Soldano, “Tutto passa, specialmente il tempo. Sembra banale ma è tutto ciò che c’è da sapere”.
Roberta Orsenigo*
*Giornalista freelance
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