La sindrome del tunnel carpale è considerata dal Ministero della Salute una malattia professionale. Tocca all’INAIL occuparsi della tutela delle infermità dipendenti da causa di servizio.
Formicolio, intorpidimento, dolore soprattutto notturno e nei casi più gravi deficit motorio e perdita della sensibilità delle dita sono alcuni dei sintomi causati dalla sindrome del tunnel carpale, avvertiti in tutte le zone innervate dal nervo mediano: polso, palmo della mano e dita (tranne il mignolo).
È una neuropatia da intrappolamento ed è dovuta alla compressione del nervo mediano all’altezza del polso, nel suo passaggio attraverso il tunnel carpale. A soffrirne sono soprattutto le persone che svolgono un lavoro manuale ripetitivo, di precisione oppure posture scorrette.
La sindrome del tunnel carpale rientra tra le patologie comprese nell’elenco delle malattie professionali approvato con il decreto ministeriale del 9 aprile 2008. Tale decreto ha aggiornato le tabelle delle malattie professionali inserendovi anche quelle muscolo-scheletriche. Tra queste è compresa la sindrome del tunnel carpale e il lavoratore che ne è affetto ha diritto all’indennizzo dell’INAIL.
Nel dettaglio, per il Ministero della Salute possono essere causa del tunnel carpale tutti quei lavori che comportano, in maniera “non occasionale”:
- movimenti ripetuti o prolungati del polso
- prensione della mano
- mantenimento di posture incongrue
- compressione prolungata
- impatti ripetuti sulla regione del carpo.
Per “non occasionale” si intendono tutte quelle mansioni svolte, come chiarito dalla Corte di Cassazione, in modo prolungato, quotidiano, continuativo e sistematico.
Il lavoratore affetto dalla sindrome del tunnel carpale, quindi, per vedersi riconoscere il proprio diritto a percepire l’indennità INAIL. Deve quindi inoltrare all’ente il certificato medico e aspettare il riconoscimento della malattia professionale e dello stato di inabilità temporanea assoluta.
Il periodo massimo di indennizzabilità della cessazione dell’attività lavorativa è pari a due anni.
L’approccio conservativo alla patologia consiste in sedute di fisioterapia con il terapista occupazionale che valuterà anche la necessità di confezionare un tutore.
Qualora la terapia conservativa non dovesse dare le riposte attese, al paziente sarà consigliato l’intervento chirurgico.
Per informazioni e prenotazioni con il dott. Matteo Tegon, specialista in Chirurgia della mano oppure con il dott. Stefano Casati, terapista occupazionale che si occupa di riabilitazione:
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